Le recenti norme in tema di pene detentive

Adesione ad un'interrogazione dei componenti del Gruppo PD della Commissione Giustizia del Senato sulle recenti norme in tema di pene detentive in relazione alle condizioni del sistema carcerario.

Testo dell'interrogazione:

(3-01603) (15 gennaio 2025) - Pubblicato il 15 gennaio 2025, nella seduta n. 262

BAZOLI, BOCCIA, MIRABELLI, ROSSOMANDO, VERINI

Al Ministro della giustizia
Premesso che:

secondo quanto rilevato dal report (con dati aggiornati al 10 gennaio 2025) del Garante nazionale delle persone private della libertà, l'indice di sovraffollamento carcerario nel nostro Paese è del 132,05 per cento;

i detenuti nelle carceri italiane sono 61.852, a fronte di 46.839 posti disponibili, con un divario di 4.473 posti rispetto alla capienza regolamentare di 51.312, legato, tra le altre cose, anche all'attuale inagibilità di diverse camere di pernottamento e, in alcuni casi, di intere sezioni detentive;

il sistema penitenziario del nostro Paese vive una gravissima crisi, aggravata ed esasperata dalla politica panpenalistica del Governo; il sovraffollamento, la mancanza di servizi essenziali, la carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria rischiano di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e di compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all'esecuzione delle pene;

il numero dei detenuti suicidi ha toccato nel solo 2024 il numero record di 89. Un'emergenza che coinvolge anche il personale della Polizia penitenziaria, che si trova a vivere e lavorare in un contesto drammatico che ha già procurato diversi suicidi tra gli stessi agenti;

inoltre, ad un comparto fragile, rispetto al quale servirebbero investimenti massicci, non sono arrivate risorse neanche in sede di legge di bilancio per il 2025, che anzi ha ulteriormente e gravemente disatteso qualunque aspettativa con il sostanziale disinvestimento nel sistema dell'esecuzione della pena;

è una manovra di finanza pubblica che non ha previsto alcuna misura relativa al comparto penitenziario, con colpevole noncuranza delle sorti della giustizia minorile ormai al collasso, a causa degli effetti combinati di tagli e del "decreto Caivano";

vale la pena evidenziare come, secondo quanto emerso dal dossier dell'associazione Antigone "A un anno dal decreto Caivano" presentato il 2 ottobre 2024, nei ventidue mesi successivi all'insediamento del Governo Meloni i giovani detenuti siano cresciuti del 48 per cento e l'impennata più importante sia stata data proprio dall'approvazione del decreto Caivano; negli undici mesi successivi all'approvazione del decreto, infatti, l'aumento è stato di 129 minorenni, "più del doppio";

nel sistema dell'esecuzione penale il personale, tra cui la Polizia penitenziaria, è sotto organico e provato dalla sfida della gestione della popolazione carceraria;

la presenza di persone in condizioni psichiatriche difficili tra i detenuti è molto alta, così come quella di persone in stato di depressione o di dipendenza da sostanze stupefacenti: sono individui per i quali il carcere non è il luogo adatto; la presenza di psicologi, psichiatri, personale sanitario è modestissima, e le REMS, destinate a soggetti psichiatrici pericolosi, non sono sufficienti per distribuzione e posti per l'accoglienza;

di particolare gravità appare, inoltre, la norma introdotta dall'articolo 15 del disegno di legge recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario" (Atto Senato 1236), approvato dalla Camera dei deputati e attualmente all'esame del Senato, in materia di detenzione della donna in stato di gravidanza o la madre con il figlio neonato al seguito minore di un anno;

la disposizione peraltro non appare sorretta da nessun principio di ragionevolezza né di proporzionalità rispetto agli interessi in gioco, alla luce del fatto che, come sottolineato anche durante le diverse audizioni presso i due rami del Parlamento, la criminalità femminile in Italia è caratterizzata da un'offensività nettamente inferiore rispetto a quella maschile e in ogni caso per contrastare il fenomeno, qualora sussista, dell'abituale frequenza criminale in una donna in stato di gravidanza o madre di un neonato, spesso peraltro sottoposta a sfruttamento da parte di terzi, certamente lo strumento non è il carcere, ma la destinazione di tale persona nella casa famiglia protetta, unico luogo nel quale può essere realmente reciso il legame con il contesto criminale;

da ultimo non si può tacere come, con il citato Atto Senato 1236 ora all'esame del Senato, secondo gli interroganti si segni un ulteriore passaggio di grado delle politiche criminogene del Governo. I reati che si vogliono punire non sono, infatti, reati maturati in contesti di criminalità, ma in contesti di disagio sociale, familiare e minorile. Nonostante nel nostro Paese si registri una riduzione del numero dei reati commessi, mai un pacchetto sicurezza aveva introdotto nel suo insieme un numero così spropositato di aumenti di pena e di aggravanti, con norme così manifestamente in contrasto con tutti i principi costituzionali che dovrebbero governare il diritto penale: proporzionalità, eguaglianza, offensività, determinatezza e soprattutto ragionevolezza della pena,

si chiede di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda assumere al fine di ricondurre l'esecuzione della pena a un livello adeguato agli standard dei Paesi democratici, nel rispetto dei principi costituzionali volti al pieno recupero e reinserimento sociale del condannato.

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Interrogazione svolta nel Question Time del 16 gennaio 2025.

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