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Evitare che le aziende che hanno avuto aiuti dallo Stato delocalizzino: il caso Whirlpool

Intervento fatto in Tv a 7Gold (Video).

La vicenda Whirlpool è molto seria, ci si sta occupando anche in Europa di questo perché è un problema complessivo del Continente.
A seguito della vicenda Whirlpool, insieme a Ruotolo e ad altri senatori, abbiamo presentato una proposta di legge proprio per ridurre la possibilità per le aziende che sono in Italia e che ottengono anche benefici dallo Stato di potersi trasferire all’estero senza pagare un prezzo alto che possa andare a ristoro dei lavoratori.

Ci stiamo lavorando e so che ci sta lavorando anche il Governo.
Il problema di Whirlpool, soprattutto nella realtà napoletana, è molto significativo.

Video dell'intervento»

Testo del Disegno di Legge» - Scheda del Disegno di Legge»

Relazione:

Con riferimento al fenomeno della delocalizzazione delle imprese, il legislatore è intervenuto sia nell'ambito della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), che dedicandovi un intero capo del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, cosiddetto « decreto Dignità ». Nell'ambito della legge di stabilità 2014 sono state previste alcune norme – e segnatamente i commi 60 e 61 dell'articolo 1 – ove si dispone sulla decadenza dai benefici ricevuti per le imprese che delocalizzano la propria produzione.
Tali disposizioni prevedono che le imprese italiane ed estere operanti nel territorio nazionale che abbiano beneficiato di contributi pubblici in conto capitale qualora, entro tre anni dalla concessione degli stessi, delocalizzino la propria produzione dal sito incentivato in un Paese non appartenente all'Unione europea, con conseguente riduzione del personale di almeno il 50 per cento, decadono dal beneficio stesso e hanno l'obbligo di restituire i contributi in conto capitale ricevuti. La disposizione è efficace per i contributi erogati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge. Inoltre, si prevede che i soggetti erogatori dei contributi disciplinano le modalità e i tempi di restituzione dei contributi.
Per l'attuazione di tali disposizioni il Ministero dello sviluppo economico ha emanato il 25 novembre 2015 una direttiva sulle «Modalità e i tempi di restituzione dei contributi in conto capitale erogati alle imprese in caso di delocalizzazione della produzione in uno Stato non appartenente all'Unione europea».
L'articolo 6 della direttiva citata prevede che «in caso di delocalizzazione, gli uffici del Ministero provvedono tempestivamente a notificare al soggetto beneficiario delle agevolazioni, con le procedure previste dalla vigente normativa in materia di procedimento amministrativo, il provvedimento di revoca totale del solo contributo in conto capitale, specificando le modalità di restituzione delle eventuali quote del contributo medesimo già erogate, che sono maggiorate di un interesse pari al tasso ufficiale di riferimento vigente alla data dell'ordinativo di pagamento, maggiorato di cinque punti percentuali».
Non risulta che tali disposizioni abbiano avuto una ben che minima efficacia nel contrastare il fenomeno della delocalizzazione degli impianti produttivi siti nel territorio italiano.
Questa impressione è stata ufficialmente confermata dallo stesso Ministro dello sviluppo economico, Patuanelli, nella risposta ad un question time presentato al Senato il 18 giugno 2020. Si chiedeva al Ministro quanti e quali provvedimenti di revoca di agevolazioni in conto capitale il Ministero dello sviluppo economico avesse notificato, dal 1° gennaio 2014 ad oggi, ai soggetti beneficiari ai sensi dell'articolo 1, commi 60 e 61, della citata legge n. 147 del 2013. La risposta è stata « zero », ovviamente non per inerzia del Ministero dello sviluppo economico.
Appare evidente come l'effetto applicativo della normativa appaia fortemente limitato da due presupposti precisi: il primo è che l'impresa abbia delocalizzato la propria produzione dal sito incentivato a un Paese non appartenente all'Unione europea, il secondo che la delocalizzazione abbia comportato una riduzione del personale pari almeno al 50 per cento.
La crisi italiana ha rafforzato la delocalizzazione soprattutto nell'Europa orientale: l'80 per cento delle imprese italiane che hanno intrapreso la via della delocalizzazione ha scelto Paesi come Repubblica ceca, Slovenia, Slovacchia, Bulgaria, Polonia, Romania e Ungheria. Un fatto che coinvolge alcuni tra i principali Paesi europei e i dati sul calo della presenza di operai in alcuni Paesi europei dal 1990 al 2016 lo confermano. In Francia, ad esempio, sono passati dal 20,25 per cento della popolazione attiva al 13,6 per cento. In Spagna sono il 13,8 per cento. In Italia rappresentano ancora il 20 per cento. Nel frattempo nella Repubblica ceca sono saliti al 30,6 per cento, in Slovenia al 27,4 per cento, in Slovacchia al 27,3 per cento, in Ungheria al 24,0 per cento, in Polonia al 23,8 per cento. E non si tratta per lo più di un fenomeno da collegare a un'evoluzione normale di una società avanzata, ma di un andamento da collegare ai criteri con i quali si è costituita l'Unione europea, che hanno consentito di utilizzare le popolazioni povere, ma con un livello educativo elevato dell'Est europeo, per effettuare operazioni di decentramento industriale. Il secondo punto riguarda, invece, la circostanza che tale delocalizzazione debba comportare una riduzione del personale pari almeno al 50 per cento, il che ovviamente non assicura quell'esigenza di salvaguardia e di protezione sociali dei livelli di occupazione dell'impresa che abbia avviato procedure di delocalizzazione della propria attività produttiva.
Consapevole di questi limiti, l'Esecutivo provò a intervenire con clausole più stringenti con il citato « decreto Dignità ». Il capo secondo di tale decreto-legge (articoli da 5 a 8) prevede dei limiti alla delocalizzazione delle imprese beneficiarie delle misure per la salvaguardia dei livelli occupazionali, il recupero dell'iper ammortamento in caso di delocalizzazione dei beni e l'esclusione del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo di taluni costi di acquisto di beni immateriali connessi ad operazioni infragruppo.
A due anni dell'entrata in vigore di tali disposizioni non si rilevano risultati concreti di dissuasione rispetto ai processi di delocalizzazione. In particolar modo non si arrestano le delocalizzazioni delle multinazionali che usufruiscono di soldi pubblici e, poi, abbandonano o vogliono abbandonare – del tutto o in parte – il nostro Paese. Sono diversi i tavoli aperti al Ministero dello sviluppo economico sulle crisi industriali, come il caso concernente lo stabilimento della Whirlpool di Napoli. Ormai è più di un anno che la multinazionale americana di elettrodomestici ha deciso la chiusura dell'impianto napoletano: 350 lavoratori rischiano il proprio posto di lavoro, più altre centinaia di lavoratori dell'indotto. Perdere il lavoro è sempre drammatico, perderlo a Napoli – nel Mezzogiorno – lo è ancora di più.
Non riteniamo, peraltro, che la strada suggerita dal Piano Colao con il cosiddetto back reshoring sia equa e praticabile. La strada, cioè, di incentivi al ritorno in Italia di imprese che avevano delocalizzato all'estero le proprie produzioni, prevedendo che i redditi derivanti dalle attività di impresa rimpatriate siano esenti in larga misura (qualcuno ha proposto nella misura del 50 per cento) dall'imposta sul reddito delle società e dall'imposta sul reddito delle persone fisiche, nonché disponendo la totale esenzione dall'imposta regionale sulle attività produttive.
Da un lato si crea una disparità con gli altri investitori e, soprattutto, si inseguono le politiche dei paradisi fiscali europei come l'Irlanda, il Lussemburgo e l'Olanda, senza che questa rincorsa abbia un limite al ribasso. Infine, si apre così la strada anche alla compressione dei livelli retributivi. L'alternativa è porre a livello europeo le questioni dirimenti di una tassazione omogenea dei profitti aziendali e di un salario minimo europeo. Dobbiamo dunque, anche tenendo conto dell'ultima proposta di direttiva della Commissione UE sul salario minimo, sollecitare il nostro Governo a intervenire, oltre che sulle due questioni richiamate, anche su un coordinamento delle politiche europee per arginare l'abuso di finanziamenti pubblici da parte di società che praticano la delocalizzazione all'interno dell'Unione europea mettendo in concorrenza tra loro i territori europei. Intendiamo, pertanto, con la nostra proposta, intervenire per rendere più incisive le norme di cui al citato capo II del « decreto Dignità » volte a sanzionare le società che delocalizzano avendo usufruito di agevolazioni da parte del nostro Paese.
Proponiamo di inserire all'inizio di tale capo II tre nuovi articoli.
L'articolo 4-bis della nostra proposta definisce meglio cosa si intende per contributo in conto capitale (inserendo in tale dizione credito d'imposta, bonus fiscale, concessione di garanzia, contributo in conto capitale, contributo in conto interessi e finanziamento agevolato) e per delocalizzazione. Per delocalizzazione intendiamo l'avvio, entro cinque anni dalla concessione di un contributo in conto capitale, presso un'unità produttiva ubicata in uno Stato estero anche appartenente all'Unione europea, della produzione di uno o più prodotti già realizzati, con il sostegno pubblico, presso un'unità produttiva ubicata in Italia, da parte della medesima impresa beneficiaria del contributo stesso o di altra impresa con la quale vi sia un rapporto di controllo o collegamento ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, in concomitanza con la riduzione dei livelli produttivi presso la predetta unità in Italia e la conseguente riduzione dell'occupazione, anche laddove la delocalizzazione avvenga tramite cessione di ramo d'azienda o di attività produttive appaltate a terzi, con riduzione o messa in mobilità del personale dell'impresa.
L'articolo 4-ter prevede che le pubbliche amministrazioni, nel concedere un contributo in conto capitale, introducano un riferimento alle norme di cui al citato capo II come modificato dal presente disegno di legge.
Le pubbliche amministrazioni provvedono ad acquisire dai soggetti beneficiari del contributo, in occasione di ciascuna erogazione dell'agevolazione, una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, nella quale sia attestata l'assenza di delocalizzazione e sia assunto l'impegno a comunicare tempestivamente alle predette amministrazioni l'eventuale delocalizzazione, nonché a restituire il contributo secondo quanto previsto dall'articolo 5.
L'articolo 4-quater istituisce il Nucleo operativo per il contrasto alle delocalizzazioni degli impianti produttivi presso il Ministero dello sviluppo economico, con il compito di effettuare il monitoraggio delle delocalizzazioni di impianti produttivi da parte delle imprese italiane ed estere, operanti nel territorio nazionale, che hanno beneficiato di contributi pubblici in conto capitale e dei risultati delle procedure per la restituzione dei benefici fruiti. Il Nucleo informa periodicamente le pubbliche amministrazioni interessate e le Camere sui risultati di tale monitoraggio.
All'articolo 5, inoltre, la dizione « aiuto di Stato » è sostituita con quella di « contributo in conto capitale » che fa riferimento alla definizione più precisa introdotta con l'articolo 4-bis.
Il comma 6 viene soppresso in quanto il concetto di delocalizzazione è stato puntualmente definito dall'articolo 4-bis.
Dopo l'articolo 6, dedicato alla salvaguardia dei livelli occupazionali, è inserito l'articolo 6-bis che istituisce, presso il Ministero dello sviluppo economico, un Fondo per il sostegno alla formazione di cooperative di lavoratori con una dotazione di 500 milioni di euro per l'anno 2020, destinato a supportare le nuove cooperative costituite da lavoratori dipendenti che intendano riscattare l'azienda subentrandone nella gestione per il mantenimento della continuità produttiva, qualora si tratti di piccole e medie imprese che versano in gravi difficoltà di produzione e di commercializzazione dei prodotti, con immanente pericolo di chiusura, che abbiano avviato procedure di delocalizzazione delle attività produttive.
Le risorse sono recuperate riducendo in maniera corrispondente il fondo (di 3 miliardi per l'anno 2020) per incentivare l'utilizzo di strumenti di pagamento elettronici.
Sono modificati, inoltre, i commi 1 e 2 dell'articolo 7, per tenere conto delle disposizioni nel frattempo intercorse sull'iper ammortamento a favore degli investimenti delle imprese, così come del credito d'imposta introdotto dalla legge di bilancio 2020, al fine di sostenere più efficacemente il processo di transizione digitale delle imprese, nonché gli investimenti privati in ricerca e sviluppo e in innovazione tecnologica (Impresa 4.0).
Sempre al capo II, dopo l'articolo 8 è aggiunto l'articolo 8-bis, che pone delle condizioni relative all'internazionalizzazione delle imprese che non ricevono benefici e agevolazioni se non prevedono il mantenimento nel territorio nazionale delle attività di ricerca, sviluppo e direzione commerciale, nonché delle attività produttive, assicurando la salvaguardia dei medesimi livelli occupazionali e la protezione sociale dei lavoratori.

Disegno di Legge:

Art. 1.

1. Al capo II del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 5 sono premessi i seguenti:

« Art. 4-ter. – (Definizioni) – 1. Ai fini delle disposizioni di cui al presente capo, si intende per:

a) “contributo in conto capitale”: una forma di beneficio concesso ed erogato per la realizzazione di progetti e opere e per l'acquisto di beni strumentali, con effetto durevole sull'impresa beneficiaria, che non prevede restituzione di capitale o pagamento di interessi ed è calcolato in percentuale sul totale dell'investimento. Il beneficio è attribuito in una delle seguenti forme: credito d'imposta, bonus fiscale, concessione di garanzia, contributo in conto capitale, contributo in conto interessi, finanziamento agevolato, aiuti per ricerca e sviluppo. Le disposizioni del presente capo si applicano altresì alle agevolazioni concesse nella forma del contributo alla spesa, anche se concesse in conto esercizio e a sostegno della ricerca e dell'innovazione, nonché ai contributi di cui all'articolo 2, comma 4, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. Le medesime disposizioni non si applicano alle agevolazioni di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 29 luglio 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 236 dell'8 ottobre 2013, limitatamente alla quota rimborsabile;

b) “delocalizzazione”: avvio, entro cinque anni dalla conclusione degli investimenti per i quali c'è stata la concessione di un contributo in conto capitale da parte di una pubblica amministrazione, presso un'unità produttiva ubicata in uno Stato estero anche appartenente all'Unione europea, della produzione di uno o più prodotti già realizzati con il sostegno pubblico presso un'unità produttiva ubicata in Italia, da parte dell'impresa beneficiaria del contributo stesso o di altra impresa con la quale vi sia un rapporto di controllo o collegamento ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, in concomitanza con la riduzione dei livelli produttivi presso la predetta unità in Italia e la conseguente riduzione dei livelli di occupazione, anche laddove la delocalizzazione avvenga tramite cessione di ramo d'azienda o di attività produttive appaltate a terzi, con riduzione o messa in mobilità del personale dell'impresa.

Art. 4-quater. – (Menzione nei provvedimenti di concessione e dichiarazione da chiedere all'impresa beneficiaria) – 1. Le pubbliche amministrazioni introducono, nei provvedimenti di concessione di contributi in conto capitale adottati a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i riferimenti alle norme recate dal presente capo, nonché dalle norme relative alle cause di decadenza dalle relative agevolazioni previste dalla normativa vigente.

2. Le pubbliche amministrazioni provvedono ad acquisire dai soggetti beneficiari del contributo, in occasione di ciascuna erogazione dell'agevolazione, e fino al compimento del quinto anno dalla data di conclusione degli investimenti per i quali c'è stata la concessione, una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi degli articoli 47 e 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nella quale è attestata l'assenza di delocalizzazione ed è assunto l'impegno a comunicare tempestivamente ai predetti uffici l'eventuale delocalizzazione, e a restituire, in tal caso, con le modalità indicate all'articolo 5, il contributo in conto capitale ricevuto.

Art. 4-quinquies. – (Nucleo operativo per il contrasto alle delocalizzazioni degli impianti produttivi) – 1. Presso il Ministero dello sviluppo economico è istituito il Nucleo operativo per il contrasto alle delocalizzazioni degli impianti produttivi, di seguito denominato “Nucleo”. Il Nucleo effettua il monitoraggio delle delocalizzazioni di impianti produttivi da parte delle imprese italiane ed estere operanti nel territorio nazionale che hanno beneficiato di contributi pubblici in conto capitale e dei risultati delle procedure per la restituzione dei benefici fruiti.

2. Il Nucleo informa periodicamente le pubbliche amministrazioni interessate e le Camere sui risultati del monitoraggio di cui al comma 1.

3. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, è disciplinato il funzionamento del Nucleo di cui al comma 1. Al funzionamento e ai compiti del Nucleo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica »;

b) all'articolo 5:

1) al comma 1, le parole: « di un aiuto di Stato » sono sostituite dalle seguenti: « di un contributo in conto capitale »;

2) il comma 6 è abrogato;

c) dopo l'articolo 6 è inserito il seguente:

« Art. 6-bis. – (Fondo speciale per il sostegno alla formazione di cooperative di lavoratori) – 1. Al fine di contrastare la delocalizzazione delle piccole e medie imprese e la conseguente perdita di occupazione e di elevati gradi di specializzazione e di unicità nel mercato mondiale, presso il Ministero dello sviluppo economico è istituito il Fondo speciale per il sostegno alla formazione di cooperative di lavoratori, con una dotazione di 500 milioni di euro per l'anno 2020, destinato a supportare le nuove cooperative costituite da lavoratori dipendenti che intendano riscattare l'azienda, subentrandone nella gestione, per il mantenimento della continuità produttiva, qualora si tratti di piccole e medie imprese che versano in gravi difficoltà di produzione e di commercializzazione dei prodotti con immanente pericolo di chiusura che abbiano avviato procedure di delocalizzazione delle attività produttive.

2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono disciplinate le modalità di funzionamento del Fondo di cui al comma 1, la cui dotazione può essere incrementata mediante versamento di contributi da parte delle regioni e di altri enti e organismi pubblici.

3. Agli oneri derivati dall'attuazione del presente articolo, valutati in 500 milioni di euro per l'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del fondo di cui all'articolo 1, comma 290, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 »;

d) all'articolo 7:

1) il comma 1 è sostituito dal seguente:

« 1. I benefici di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, all'articolo 1, comma 30, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, all'articolo 1, commi da 60 a 63 e 65, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, all'articolo 3-quater, comma 4, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, all'articolo 1 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, il credito d'imposta di cui all'articolo 1, commi da 184 a 197, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, nonché i benefici di cui all'articolo 7, commi 1 e 3, del presente decreto-legge, spettano a condizione che i beni agevolabili siano destinati a strutture produttive situate nel territorio nazionale »;

2) il comma 2 è sostituito dal seguente:

« 2. Se nel corso del periodo di fruizione dei benefici di cui al comma 1 i beni agevolati vengono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all'estero, anche se appartenenti alla stessa impresa, si procede al recupero delle somme corrispondenti ai benefici ottenuti. Il recupero avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d'imposta in cui si verifica la cessione a titolo oneroso o la delocalizzazione dei beni agevolati per un importo pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento o ai crediti d'imposta complessivamente dedotti nei precedenti periodi d'imposta, senza applicazione di sanzioni e interessi »;

3) il comma 4 è abrogato;

e) dopo l'articolo 8 è aggiunto il seguente:

« Art. 8-bis. – (Condizioni per usufruire di benefici e agevolazioni per l'internazionalizzazione delle imprese) – 1. All'articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, il comma 12 è sostituito dal seguente:

12. I benefici e le agevolazioni previsti ai sensi della legge 24 aprile 1990, n. 100, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, e della legge 12 dicembre 2002, n. 273, non si applicano ai progetti delle imprese che, investendo all'estero, non prevedano il mantenimento nel territorio nazionale delle attività di ricerca, sviluppo e direzione commerciale, nonché delle attività produttive, assicurando la salvaguardia dei medesimi livelli occupazionali e la protezione sociale dei lavoratori”.

2. Al comma 2 dell'articolo 2-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

c-bis) alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni e a quelle dalle stesse controllate che operano nel settore della gestione di strumenti per il sostegno dell'economia e il finanziamento di operazioni legate all'internazionalizzazione delle imprese” ».

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