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Garantire un linguaggio non discriminatorio

Adesione ad una mozione presentata dal Gruppo PD.

Testo della mozione:

Atto n. 1-00087 con procedimento abbreviato - Pubblicato il 28 febbraio 2024, nella seduta n. 164

VERDUCCI, BOCCIA, DE CRISTOFARO, MALPEZZI, NICITA, CUCCHI, BAZOLI, MIRABELLI, LORENZIN, ZAMBITO, IRTO, BASSO, D'ELIA, ZAMPA, ALFIERI, CAMUSSO, CASINI, CRISANTI, DELRIO, FINA, FRANCESCHELLI, FRANCESCHINI, FURLAN, GIACOBBE, GIORGIS, LA MARCA, LOSACCO, MANCA, MARTELLA, MELONI, MISIANI, PARRINI, RANDO, ROJC, ROSSOMANDO, SENSI, TAJANI, VALENTE, VERINI, FLORIDIA Aurora, MAGNI


Il Senato,
premesso che:

la Costituzione della Repubblica italiana, agli articoli 2 e 3, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, nonché pari dignità sociale dei cittadini di fronte alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali;
nella recente sessione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (22-26 gennaio 2024) è stata approvata una risoluzione collegata al dibattito “The theme of migration and asylum in election campaigns and the consequences on the welcoming and rights of migrants”;
in particolare, la risoluzione, evidenziando come le elezioni costituiscano momenti cruciali della democrazia, esprime preoccupazione per il trattamento parziale e distorsivo del tema dei migranti e del diritto di asilo durante le campagne elettorali. Tale approccio, infatti, rischia di legittimare proposte politiche ostili ai diritti dei migranti, rifugiati e richiedenti asilo, violando le norme del Consiglio d’Europa;
l’Assemblea ha, più in generale, sottolineato l’importanza di garantire opinioni plurali e divergenti durante le campagne elettorali, ma condannando al tempo stesso l’incitamento all’odio e le misure discriminatorie quali elementi costitutivi delle agende politiche; ha ricordato l'obbligo e la responsabilità morale dei politici di non utilizzare discorsi d'odio o un linguaggio stigmatizzante e di condannare "immediatamente e esplicitamente il loro uso da parte di altri, ribadendo l'invito ai partiti politici ad adottare strumenti di autoregolamentazione che vietino e sanzionino i discorsi d'odio pronunciati dai loro membri"; ha ricordato che lo Stato di diritto, la democrazia e i diritti umani sono i pilastri del patrimonio costituzionale europeo e invitato i partiti politici europei a rispettare il codice di buona condotta in materia di partiti politici (CDL-AD(2009)021), che stabilisce in particolare che "i partiti politici non devono agire contro i valori della CEDU e il principio di uguaglianza";
il Consiglio d’Europa si è impegnato a promuovere le raccomandazioni politiche generali della Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI), in particolare la raccomandazione politica generale n. 15 sulla lotta all’odio, la raccomandazione politica generale n. 16 sulla protezione dei migranti irregolari contro la discriminazione e la Carta riveduta dei partiti politici europei per una società non razzista e inclusiva;
il Parlamento europeo, nella seduta del 18 gennaio 2024, ha approvato una risoluzione (2023/2068(INI)) sull'estensione dell'elenco dei crimini della UE, esortando il Consiglio ad adottare una decisione per includere l'incitamento all'odio e i crimini generati dall'odio tra i reati penali nell'elenco di cui all'articolo 83, paragrafo 1, del TFUE, in modo che la Commissione possa avviare la seconda fase della procedura;
in particolare il Parlamento ha evidenziato come il dibattito politico è sempre più caratterizzato dai discorsi d'odio; che le campagne elettorali forniscono un terreno particolarmente fertile per i discorsi d'odio e l'incitamento all'odio, i quali hanno un impatto non solo sulla sfera politica, ma anche sul funzionamento della società in generale, e aggravano la polarizzazione politica; che il discorso d'odio nei confronti delle donne che ricoprono ruoli pubblici ha raggiunto un livello allarmante; che i leader politici hanno un ruolo e una responsabilità significativi nella lotta contro i discorsi d'odio e l'intolleranza; che questi ultimi dovrebbero dare l'esempio e denunciare pubblicamente gli episodi di odio;
considerato che:
ogni democrazia vive nel rapporto con l'opinione pubblica. È fondamentale che questa relazione sia corretta, se si intende rafforzare la democrazia e contrastare torsioni autoritarie che spesso fanno leva su un uso politico della disinformazione. Sovente la “narrazione” influenza pesantemente la percezione delle persone. Sia in rete sia in televisione, in un rimbalzo mediatico, avviene da tempo una “monetizzazione dell’odio”, dove contenuti aggressivi e discriminatori sono utilizzati per finalità di ascolto e per aumentare le interazioni e il traffico sui social network, con un uso sensazionalistico e violento di notizie utilizzate fuori contesto, conferendo ormai da anni all’hate speech una posizione preminente nelle campagne elettorali;
si assiste spesso a una continua e spregiudicata violazione di un’etica della politica che è, e deve essere, alla base delle democrazie mature. L’uso politico del linguaggio discriminatorio rischia di provocare effetti devastanti, colpendo le minoranze e l’idea di eguaglianza e inclusione;
a tal proposito, a partire dal 2018, Amnesty international Italia ha attivato il progetto “Barometro dell’odio” attraverso il quale monitora il livello di discriminazione e hate speech nel dibattito on line, combinando all'uso degli algoritmi il coinvolgimento degli attivisti su tutto il territorio italiano;
l’ultima edizione del Barometro dell’odio ha riguardato la campagna elettorale per le elezioni politiche 2022, durante la quale Amnesty international Italia ha raccolto e analizzato 28.238 contenuti unici, pubblicati da 85 esponenti politici selezionati tra i candidati ai seggi uninominali e tra i capolista dei plurinominali sulla base del numero di interazioni generate in una settimana;
i risultati hanno mostrato che oltre 9 su 100 sono i post e i tweet problematici. Significa che, in più del 9 per cento dei contenuti postati, i candidati hanno espresso messaggi offensivi o discriminatori, più o meno gravi. Nell’1 per cento dei casi questo è sfociato in vero e proprio hate speech, ossia incitamento all’odio e alla discriminazione basato sulle caratteristiche personali della persona o del gruppo di persone prese di mira;
in particolare dal rapporto di Amnesty international Italia risulta che gli utenti hanno “premiato” l’odio: i post e i tweet che hanno ottenuto più like, condivisioni e commenti sono quelli problematici. Se i contenuti positivi e neutri sono quelli che generano meno interazioni di questo tipo, ne registrano leggermente di più quelli negativi non problematici; a salire si trovano gli offensivi o discriminatori. In cima alla vetta l’hate speech, che genera oltre il doppio delle condivisioni dei contenuti positivi e neutri e il triplo dei commenti. I temi che più spesso sono accompagnati da contenuti problematici sono immigrazione (53 per cento), minoranze di genere (36), mondo della solidarietà (35), Lgbtqia+ (31) e giustizia di genere (25). Osservando i soli casi di hate speech varia l’ordine, ma non i temi a cui è associato: immigrazione (29 per cento), mondo della solidarietà (18), Lgbtqia+ (9), minoranze religiose (12) e giustizia di genere (5);
considerato che:
la dichiarazione di Reykjavik adottata in occasione del quarto vertice dei Capi di Stato e di Governo del Consiglio d’Europa nel maggio 2023 richiama i principi dell’organizzazione di fronte alle sfide ai diritti umani, allo Stato di diritto e alla pace in Europa, tra cui l’arretramento della democrazia, le violazioni alla libertà di espressione e la proliferazione dell’incitamento all’odio;
la raccomandazione CM/Rec (2022)16 del Comitato dei Ministri sul contrasto ai discorsi d’odio ha evidenziato, tra l’altro, come l’incitamento all’odio e le misure discriminatorie non possano costituire un programma politico rispettoso dei principi e delle norme del Consiglio d’Europa, invitando i governi degli Stati membri e gli attori principali coinvolti nell’elaborazione e nella diffusione della propaganda elettorale a darne attuazione;
la risoluzione 2457(2022) “Sensibilizzare e combattere l'islamofobia o il razzismo anti-musulmano in Europa” ha espresso profonda preoccupazione per l’aumento della violenza verbale e fisica contro gli stranieri o coloro che sono percepiti come tali, in particolare le persone fortemente connotate da un punto di vista razziale e i membri di comunità religiose minoritarie;
già precedentemente, il Parlamento europeo, con la risoluzione del 1° giugno 2017 sulla lotta contro l'antisemitismo (2017/2692(RSP)), preoccupato per gli atti di violenza e gli attentati terroristici mirati contro membri della comunità ebraica verificatisi in vari Stati membri, invitava, tra l’altro, gli stessi ad adottare e applicare la definizione operativa di antisemitismo utilizzata dall’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto (IHRA), al fine di sostenere le autorità giudiziarie e di contrasto nei loro sforzi volti a identificare e perseguire con maggiore efficienza ed efficacia le aggressioni antisemite;
l’incitamento all’odio e le misure discriminatorie non possono, pertanto, costituire un programma politico rispettoso dei principi e delle norme del Consiglio d’Europa;
considerato, inoltre, che:
si ricordano le raccomandazioni rivolte ai funzionari pubblici, agli organi eletti e ai partiti politici contenute nella raccomandazione CM/Rec(2022)16, nonché la risoluzione 1546 (2007) “Il codice di buone pratiche per i partiti politici”, la risoluzione 1889 (2012) “L’immagine dei migranti e dei rifugiati veicolata durante le campagne elettorali” e la risoluzione 2275 (2019) “Ruolo e responsabilità dei leader politici nella lotta contro i discorsi d’odio e l’intolleranza”;
nel corso della XVIII Legislatura, la Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza ha approvato, all’unanimità, il Doc. XVII n. 6 a conclusione dell’indagine conoscitiva sulla natura, cause e sviluppi recenti del fenomeno dei discorsi d’odio, con particolare attenzione all'evoluzione della normativa europea in materia, nel quale è stato sottolineato, tra l’altro, come la necessità di contrastare i discorsi d’istigazione all’odio non deve mai scontrarsi o confliggere con la necessità di tutelare la libertà di espressione, per cui emerge l’esigenza di descrivere con nettezza il confine tra i discorsi che sono tollerati e quelli che sono intollerabili. Il costituzionalismo europeo ha, infatti, tra i suoi principi fondanti il rispetto della dignità umana. La tutela della libertà di espressione, fondamentale e irrinunciabile per le nostre democrazie, deve essere sempre bilanciata con il rispetto della dignità della persona; pertanto, i discorsi d’odio, costituendo un abuso della libertà di espressione, si pongono fuori della sua protezione. Il linguaggio d’istigazione all’odio, viene affermato nell’indagine, è un linguaggio discriminatorio, impedendo il protagonismo e la libertà d’espressione di singole individualità e di intere comunità;
rilevato, infine, che lo Stato di diritto, la democrazia e i diritti umani sono i pilastri del patrimonio costituzionale europeo e che i partiti politici europei sono chiamati a rispettare il codice di buona condotta in materia di partiti politici (CDL-AD(2009)021), che stabilisce, all’articolo 18, in particolare che “i partiti politici non devono agire contro i valori della CEDU e il principio di uguaglianza”,
si impegna ad adottare un codice di autoregolamentazione al fine di garantire che il linguaggio utilizzato dalle senatrici e dai senatori nelle campagne elettorali, e in ogni circostanza, non sia mai lesivo del principio di non discriminazione e non contenga in alcun modo forme di istigazione all’odio o espressioni stigmatizzanti.

 

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