Le priorità per riformare la Giustizia
Articolo pubblicato sulla rivista Gente in Movimento.
Nelle Commissioni Giustizia della Camera dei Deputati e del Senato, abbiamo già avuto modo di interloquire più volte con la Ministra Cartabia riguardo alle scelte sulle materie di sua competenza.
Adesso si apre una fase che non sarà lunga: il tempo che resta da qui alla fine della Legislatura, infatti, non è molto. Tuttavia, sarà una fase importante perché davvero si potrebbe riuscire a mettere mano a interventi decisivi per migliorare lo stato complessivo della Giustizia italiana e anche per questo vi è la necessità di individuare delle priorità da portare avanti.
È evidente che abbiamo bisogno di fare la riforma del Processo Civile perché serve complessivamente al Paese per l’economia, l’attrattività per gli investimenti, la competitività.
Al di là di eventuali interventi normativi, inoltre, ci sono alcuni interventi organizzativi che si devono fare presto, anche utilizzando le risorse del Recovery Fund. Una prima questione riguarda la condivisione delle best pratics. Ci sono strutture della Giustizia civile italiana che funzionano, hanno tempi di smaltimento delle cause rapidi e altre dove invece i tempi sono lunghissimi. Credo, quindi, che dobbiamo costruire un sistema che valorizzi e diffonda le pratiche che funzionano meglio.
Un altro tema riguarda il personale: serve sicuramente molto personale amministrativo, soprattutto dove ci sono da smaltire molti arretrati. Su questo c’è una proposta chiara del Governo nel Recovery Plan e questo si dovrà fare. Inoltre, serviranno anche magistrati aggiunti o magistrati onorari che possano intervenire dove ci sono da smaltire le cause civili.
Si è parlato molto dell’impatto che ha avuto la pandemia sulla Giustizia. È evidente che la pandemia ha messo a dura prova tutto il sistema della Giustizia. In questa fase di emergenza, però, sono stati presi provvedimenti e non tutto ciò che è stato fatto in questi mesi va cancellato. Ci possono essere pratiche e strumenti che sono stati attivati e che possono aiutare anche a regime a migliorare il funzionamento della Giustizia. Penso, ad esempio, a tutto ciò che riguarda la digitalizzazione dal punto di vista del deposito degli atti e di ottemperanza di una serie di altri scambi formali e atti burocratici che credo possano essere molto velocizzati.
Credo, inoltre, che la Giustizia italiana si debba dotare di una piattaforma unica, di una capacità di costruire archivi e della possibilità di dialogo tra le diverse banche dati e le diverse reti: anche da qui passa la possibilità di sveltire le procedure e, quindi, complessivamente sveltire il processo civile.
Un’altra occasione che abbiamo è data dal Recovery Plan. L’Europa ci impone di velocizzare i processi sia nel campo civile che penale e tributario come condizione per avere accesso alle risorse del Recovery Fund. È evidente che qui ci sono risorse che possono aiutare molto a rendere più efficiente e a rafforzare l’organizzazione della Giustizia, per far diventare l’ufficio del processo una realtà, per strutturarlo, per assumere il personale che se ne deve occupare ma anche per investire in maniera significativa sulla digitalizzazione.
Abbiamo poi bisogno anche della riforma del Processo Penale.
Sui giornali e nelle Commissioni parlamentari si è dibattuto a lungo della questione della prescrizione. Personalmente, sono convinto che non si risolva soltanto riducendo i tempi del processo ma è evidente che se si riesce a fare questo non solo si fa un’azione di civiltà ma la prescrizione diventerebbe un’eccezione e, di conseguenza, assumerebbe un’altra valenza. In ogni caso, perché esista la Giustizia, dobbiamo tendere a far finire i processi arrivando a sentenza sempre.
Credo, quindi, che la riforma del Processo Penale per accelerare i tempi sia importante farla. Credo che sia importante anche responsabilizzare i magistrati e i Pubblici Ministeri sul rispetto delle tempistiche che si devono dare.
La Ministra Cartabia, inoltre, ha più volte esposto la possibilità di lavorare a dei cambiamenti nel sistema penale come con l’introduzione di pene alternative, la messa in prova, la giustizia riparativa, la depenalizzazione di alcuni reati bagatellari. Credo che questa strada vada percorsa anche perché credo che sia la più efficace per evitare di far entrare nel circuito carcerario soggetti recuperabili in altri modi.
Personalmente penso che abbiamo bisogno di intervenire anche sulla condizione carceraria. Credo, infatti, che vi sia la necessità di rispettare la Costituzione, cioè bisogna recuperare la funzione educativa del carcere, che è anche la condizione per dare più sicurezza al Paese. Un carcere che riesce a rieducare e produce meno recidività di quella che viene prodotta oggi, rende più sicuri tutti. La qualità della vita nel carcere diventa, quindi, fondamentale. In questo senso, voglio sottolineare la questione dell’edilizia carceraria: su questo - grazie alle risorse europee inserite nel Recovery Plan - dobbiamo essere orientati non a costruire più celle ma a fare carceri migliori con più spazi per il trattamento, per la scuola, per il lavoro, per l’aggregazione. Così come credo che sia importante investire di più sul trattamento esterno e le pene alternative.
Se decidiamo di puntare su questo, serve anche che chi fa vivere i trattamenti interni ed esterni - i funzionari giuridico-pedagogici - venga valorizzato nel ruolo educativo.
Parliamo sempre di dare una mano alla polizia penitenziaria ma ci sono anche queste figure che oggi vivono situazioni di precarietà e difficoltà e sono spesso sottostimati gli organici e anche il modo in cui si trovano a lavorare non è ottimale.
C’è, dunque, un pezzo importante del sistema da ripensare e mi pare che su questo la Ministra abbia una grande sensibilità e, quindi, penso che possa esserci una grande occasione. Da questo punto di vista, non serviranno grandissime modifiche normative ma si può fare molto se il Governo ci crede.