La mia vita con la Sla. Non è finita, ma sarò io a scegliere
Intervista di La Repubblica.
Il tempo, viene da pensare alla fine, non è uguale per tutti. Anche se siamo abituati a credere, almeno quello, sia “democratico”. Per leggere questa intervista in media ci vorranno circa cinque minuti. Per formulare ogni risposta ad ogni singola domanda, invece, al nostro interlocutore ci sono voluti tra i due e i tre minuti.
Franco Mirabelli, 65 anni, Vicecapogruppo al Senato del PD, ormai riesce a esprimersi solo attraverso un computer. Scrive con un lettore ottico: le sue pupille si muovono verso le lettere rappresentate sullo schermo, si compongono parole e frasi, poi alla fine una voce metallica fa le sue veci.
Mirabelli è quasi per intero immobilizzato, su un letto da degenza posizionato nella sala da pranzo del proprio appartamento che dà su una finestra dove, non molto distante, si vede il Parco Nord di Milano.
Tre anni fa ha scoperto di avere la SLA, a ridosso della campagna elettorale per le elezioni politiche. La malattia avanza inesorabile, tutto diventa difficile, e può solo peggiorare, con una velocità che varia da persona a persona.
Ha attaccata una cannula nasale che pompa ossigeno e da tre mesi comunica con questo apparecchio fornito dall’azienda sanitaria; mentre la “voce” gli è stata installata tre settimane fa. Farsi capire era diventato troppo complicato.
Il figlio Pietro e la moglie lo assistono giorno dopo giorno; due volte a settimana arriva la fisioterapista, altre due volte un’infermiera.
Per mangiare, Mirabelli alterna l’alimentazione direttamente nello stomaco con quella naturale, sempre più ardua e pericolosa.
Quando lo incontriamo, sullo schermo ha aperto Whatsapp, ci sono diverse chat del PD.
«La politica - dice - è stata la mia vita». La è ancora. Vale quasi quanto l’ossigeno.
Per la prima volta Mirabelli affronta il tema della malattia che lo riguarda direttamente.
Come ha scoperto di avere la SLA?
«Era il 2022. Avevo a riscontrare problemi di equilibrio, facevo fatica a camminare e a respirare. Poi ho avuto il responso. È una malattia che ogni giorno ti toglie qualcosa. O ti rassegni, oppure la affronti cercando di fare quel che riesci».
E lei ha scelto la seconda.
«Esatto. Non mi rassegno. Il Gruppo del PD mi aiuta a presentare emendamenti o interrogazioni, scrivo articoli, mi chiedono contributi per i dibattiti. Intervengo nelle chat o su Facebook. Posso fare politica così oggi, e per me la politica ha sempre significato dare una mano agli altri. Poi in tanti vengono a trovarmi, mi fanno sentire utile e parte della mia comunità».
Alle sue spalle, ben ordinate, ci sono due pile di libri. Riesce a leggere? Pietro ci spiega di no, da cinque mesi non riesce più a tenerli in mano.
«Però li ho letti tutti», interviene il senatore.
E la notte? La notte riesce a sognare?
«Sì, raramente. La mente funziona tutta. Quando sogno, mi sogno com’ero prima».
Facile immaginare che l’avanzamento della malattia sia un pensiero continuo. Come vede il suo futuro?
«La prossima tappa è capire se vorrò ulteriori ausili per mangiare e fare la tracheotomia per respirare».
Pietro aggiunge che, se si sceglie di non avvalersi delle macchine, si viene sedati e accompagnati al fine vita. Mentre non è chiaro se, una volta attaccati, si può recedere dalla scelta. Il prossimo appuntamento in ospedale per capire gli scenari è tra quattro mesi. Al Centro Nemo di Niguarda sono tutti molto attenti e professionali, ci tiene a specificare Mirabelli.
Lei che idea si è fatto?
«Dipende da come sarò messo e da quanto peserò sulla famiglia. Per ora dico che non è finita finché non è finita, mi addormento pensando a cosa farò domani, ma voglio avere la possibilità di scegliere. Il limite lo capirò da solo, sono convinto che sarà così».
Questa possibilità c’è solo in parte, manca una legge, per responsabilità della politica. Ai colleghi parlamentari vorrebbe dire qualcosa sul tema?
«So che quelli di sinistra si impegnano sul fine vita, a quelli di destra dico che non è ideologia occuparsi della libertà e della sofferenza delle persone».
Riesce a uscire di casa?
«Ci sono delle barriere architettoniche nel palazzo, anche se poco, comunque sì. Sono sempre andato a votare, anche alle Primarie e lo farò anche ai referendum. Cinque sì».
Ricorda la sua ultima presenza in Senato?
«Dicembre 2022. Non potevo sapere che sarebbe stata l’ultima».
Mirabelli è cresciuto politicamente nelle esperienze del volontariato sociale dopo il terremoto del Friuli e poi in Irpinia, è stato il Segretario della FGCI a Milano e anche l’ultimo Segretario dei DS, sempre a Milano. Ha sostenuto sin da subito Elly Schlein e continua a farlo convintamente perché «serviva cambiare tutto».
È ancora comunista?
«Credo sempre nella necessità di combattere le diseguaglianze, che ancora oggi sono troppe».
A destra del letto c’è un gagliardetto dell’Inter. Mirabelli muove con grande fatica giusto le mani ma, ecco, nel salutare, fa intendere che gli piacerebbe provare una bella gioia sportiva il 31 maggio. Finale di Champions League. Ogni giorno ha senso e uno scopo, finché lo vogliamo.
Intervista da scaricare in PDF.
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