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La situazione degli impianti della ex Ilva di Taranto

Adesione ad un'interpellanza presentata dal Gruppo PD  sulla situazione degli impianti siderurgici della ex Ilva di Taranto.

Testo dell'interpellanza:

Atto n. 2-00010 con procedimento abbreviato - Pubblicato il 24 ottobre 2023, nella seduta n. 116 e discusso in Aula il 7 nnovembre 2023

BOCCIA, MISIANI, MARTELLA, BAZOLI, MIRABELLI, LORENZIN, NICITA, ZAMBITO, IRTO, BASSO, D'ELIA, ZAMPA, ALFIERI, CAMUSSO, CASINI, CRISANTI, DELRIO, FINA, FRANCESCHELLI, FRANCESCHINI, FURLAN, GIACOBBE, GIORGIS, LA MARCA, LOSACCO, MALPEZZI, MANCA, MELONI, PARRINI, RANDO, ROJC, ROSSOMANDO, SENSI, TAJANI, VALENTE, VERDUCCI, VERINI

Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR
Premesso che:
la situazione dello stabilimento ex ILVA di Taranto è estremamente preoccupante e l'incontro del 27 settembre 2023 tra il Governo e le organizzazioni sindacali ha confermato l'assenza di una strategia volta a garantire la continuità operativa per l'azienda. Dopo 5 anni di gestione Arcelor Mittal, nonostante l'impiego di ingenti risorse pubbliche, la produzione dello stabilimento è a rischio di collasso. L'altoforno 3 è stato demolito, il 5 è in fase di terminazione, mentre per gli altoforni 1 e 2 è prevista la chiusura alla fine del 2024, salvo riqualificazione. Nel 2023 la produzione scenderà sotto i 3 milioni di tonnellate, con una previsione di successiva riduzione a 1,7 milioni. Allo stato attuale in ADI (Acciaierie d'Italia) sono occupati 3.500 dipendenti su un totale di 8.200 e continua il ricorso agli ammortizzatori sociali. Dall'ultimo bilancio di ADI emergono debiti per 2 miliardi di euro, in gran parte verso altre società del gruppo Arcelor Mittal, che nel 2023 sarebbero saliti a oltre 2,5 miliardi;
nel corso dell'audizione presso la X Commissione della Camera del 17 ottobre 2023, il presidente ADI ha elencato le principali criticità che il complesso dell'ex ILVA di Taranto sta affrontando, di carattere sia giudiziario che finanziario e societario. Tra queste vi sono: a) la difficoltà di ADI ad accedere a forme di finanziamento di mercato e il fatto che la società, non avendo la proprietà degli impianti ed essendo l'accordo tra azionisti di durata limitata, non possa finanziare l'ingente circolante con il credito commerciale; b) l'aumento dei costi, dovuto alla crisi energetica, che ha ridotto il finanziamento del circolante con la cassa generata dalla gestione costringendo a ridurre la produzione e impedendo di procedere nelle emissioni degli ordini per la realizzazione dei nuovi impianti; c) la difficoltà di sostenere la fornitura commerciale di gas che è destinata a sostituire il servizio di fornitura in regime di default di cui ADI beneficia attualmente, a causa non solo dell'aumento congiunturale del costo del gas determinato dal recente conflitto mediorientale, ma anche della situazione finanziaria dell'azienda. Per tale ragione potrebbe determinarsi uno scenario di interruzione del servizio del gas con una conseguente interruzione della produzione; d) le tempistiche strette richieste dal settore siderurgico che contrastano con le lentezze delle decisioni sul sito, a causa della "situazione giuridica, normativa e contrattuale nella quale la società si trova ad operare";
i provvedimenti finora adottati dal Governo per affrontare la situazione dell'ex ILVA di Taranto ne hanno aggravato lo stato di crisi, capovolgendo il percorso finalizzato alla ripresa dei livelli produttivi e occupazionali, alla decarbonizzazione della produzione e alla messa in sicurezza ambientale del sito. Gran parte delle misure finora adottate rispondono alle richieste di Arcelor Mittal, con grave pregiudizio per gli interessi dei lavoratori, delle imprese dell'indotto, della città di Taranto, della tutela della salute dei cittadini e dell'interesse nazionale. Il decreto-legge n. 2 del 2023 ha sbloccato risorse per 680 milioni di euro in favore di Arcelor Mittal per garantire liquidità all'azienda e ha sancito il ritorno dello scudo penale in suo favore, senza che tali interventi abbiano prodotto risultati apprezzabili sulla ripresa produttiva ed occupazionale. Con l'articolo 9-bis del decreto-legge n. 69 del 2023, è stata prevista in favore di Arcelor Mittal la salvaguardia penale agli interventi di decarbonizzazione ed è stato stabilito che l'azienda possa essere ceduta dal gruppo ILVA in amministrazione straordinaria anche in caso di sequestro degli impianti, consentendone la continuità operativa anche nel caso in cui la Corte di giustizia dell'Unione europea dovesse confermare la confisca degli impianti. A queste misure, si aggiungono le limitazioni al potere di ordinanza nei confronti del sindaco di Taranto;
sul piano della riconversione del sito, l'attuazione del piano di decarbonizzazione, che dovrebbe portare alla totale elettrificazione dell'area a caldo con un investimento di oltre 5 miliardi di euro, risulta di fatto ferma, mentre incombe la scadenza del 2026, anno in cui finirà l'esenzione dello stabilimento di Taranto dal sistema UE dei "certificati verdi", con il rischio per l'azienda di finire fuori mercato per effetto di costi aggiuntivi per centinaia di milioni di euro. Sul fronte delle risorse da mettere a disposizione per il rilancio e la riconversione dello stabilimento di Taranto, le operazioni finora previste dal Governo hanno destato forti perplessità. A fronte dello stralcio dal PNRR del finanziamento di un miliardo di euro destinato ad attivare la produzione del "preridotto", il Governo non ha finora chiarito quali e quante risorse saranno messe a disposizione tramite il fondo di sviluppo e coesione, il REPowerEU e il Just transition fund. In tale contesto preoccupa il trasferimento del miliardo di euro dal PNRR al FSC, tenuto conto che su tale fondo dovranno essere riposizionati anche tutti gli altri interventi definanziati a seguito della revisione del piano, nonché il capitolo REPowerEU su cui si dovrà trovare un accordo con la UE;
si apprende che nei giorni scorsi il ministro Fitto avrebbe sottoscritto un memorandum con l'amministratore delegato di ADI e Arcelor Mittal, finalizzato a garantire lo stanziamento di oltre 2 miliardi di euro derivanti dal FSC ma senza alcuna chiarezza sugli impegni finanziari a carico del gruppo Mittal. Tale accordo confermerebbe il cambio netto della posizione del Governo in favore di Arcelor Mittal, compresa l'intenzione di cedere al gruppo franco-indiano la quota pubblica, archiviando ogni ipotesi finora sostenuta di portare Invitalia al 60 per cento del capitale di ADI con il coinvolgimento di una cordata di imprenditori siderurgici italiani con l'obiettivo di rilanciare lo stabilimento di Taranto,
si chiede di sapere:
se corrisponda al vero che il ministro Fitto abbia sottoscritto, in luogo del Ministro delle imprese e del made in Italy competente per materia, un memorandum con l'amministratore delegato di ADI e Arcelor Mittal e se corrisponda al vero l'intenzione del Governo di procedere alla cessione delle quote pubbliche ad Arcelor Mittal, rinunciando al percorso finalizzato a portare Invitalia al 60 per cento del capitale di ADI;
se si intenda rendere pubblici i contenuti del memorandum e quali siano le condizioni e le prospettive per ADI e la strategia che si intende mettere in atto, in assenza di un piano industriale, per garantire la continuità aziendale e i livelli occupazionali di una realtà di importanza strategica per il Paese;
se si intenda rendere note le disponibilità del FSC e se queste siano sufficienti a garantire il ripristino dell'intervento previsto per l'impianto del preridotto di ferro nello stabilimento di Taranto e il rifinanziamento di tutte le misure definanziate dal PNRR, e se sia intenzione del Governo mettere a carico delle spettanze della Regione Puglia una quota consistente degli interventi previsti per il sito;
quali misure si intenda adottare al fine di rimuovere il rinvio sine die degli interventi di ambientalizzazione del sito, tenuto conto del giudizio pendente presso la Corte di giustizia della UE e del parere espresso dalla Commissione europea sulla legittimità delle autorizzazioni ambientali concesse allo stabilimento ex ILVA di Taranto;
se si intenda istituire un tavolo permanente, con il coinvolgimento delle istituzioni locali, finalizzato a fronteggiare il complesso delle problematiche relative alla gestione degli impianti ex ILVA e all'attuazione dei progetti relativi all'area di Taranto in materia di bonifica e risanamento ambientale, transizione ecologica degli impianti, tutela della salute e salvaguardia dei livelli occupazionali, e alla stesura di un accordo di programma di durata pluriennale per il raggiungimento dei predetti obiettivi;
se sia intenzione del Governo favorire la dismissione di altri importanti impianti siderurgici in Italia, a partire da quello di Piombino, e quali iniziative si intenda adottare per fronteggiare la preoccupante situazione anche negli stabilimenti ex ILVA di Genova Cornigliano e Novi Ligure, dove si sono registrati anche recentemente il blocco delle produzioni e un aumento della cassa integrazione, effetto della mancanza di un piano industriale serio nonostante le ripetute dichiarazioni fatte al riguardo.

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