Il diritto a praticare la propria fede non è secondario
Ho incontrato la Comunità Evangelica della COEN di Via Fleming a Milano per ascoltare le loro istanze e per dire che per me i temi che ha raccontato il Pastore Riccardo Tocco sono all’attenzione. Credo, infatti, che dobbiamo mettere il tema della libertà di culto al centro dell’iniziativa politica. Il diritto a praticare la propria fede non può essere una questione ritenuta secondaria.
Ringrazio il Pastore Tocco perché in queste due Legislature mi ha incalzato su questi temi, mi ha costretto a migliorarmi anche su temi su cui non mi ero mai soffermato e mi ha fatto studiare; ho fatto anche un paio di convegni nazionali per capire la realtà di queste comunità.
C’è una realtà che va cambiata, perché oggettivamente è vero che non siamo nelle condizioni di dire che in Italia ci sono gli stessi diritti per tutti i cittadini, qualunque religione abbiano sposato.
Le vicende che ha richiamato Riccardo Tocco nel corso della discussione sono vere: gli evangelici hanno subito il torto di non poter avere quel riconoscimento necessario per avere il riconoscimento dei Ministri di Culto, sulla base di una interpretazione della legge che ancora dobbiamo cambiare.
Siamo riusciti, con un lavoro che è durato anni, ad aprire una strada che speriamo ci consenta nei prossimi mesi e nei prossimi anni di fare in modo che tutte le richieste vengano accolte e accettate. Questo vuol dire riconoscere non solo il diritto a praticare la propria religione ma significa riconoscere il ruolo importante e sociale che le Chiese Evangeliche assolvono, con attività come la mensa dei poveri, le diverse iniziative di solidarietà, il gran lavoro di accoglienza. Tutto questo va riconosciuto dallo Stato: è paradossale che venga in qualche modo interdetto o ostacolato.
Le Chiese Evangeliche fanno un lavoro importante nei confronti dei poveri e degli ultimi e questo ruolo va riconosciuto e va riconosciuto in tutti i campi.
Non ha senso che ci siano difficoltà per avere un luogo di culto o anche in cui praticare la solidarietà.
Non ha senso avere difficoltà a riconoscere la funzione di un Istituto che, oltre a rappresentare Chiese e fedeli, fa anch’esso un lavoro sociale nelle carceri, negli ospedali.
Su questo, abbiamo della strada da fare con una legge sulla libertà di culto, in cui mettere l’attenzione quando si parla di sociale a tutte le attività, tra cui anche quelle delle Chiese Evangeliche.
Su questa strada abbiamo provato a lavorare in questi anni, ottenendo qualche risultato e vogliamo continuare a lavorare.
Sono venuto, quindi, ad ascoltare le istanze della Comunità Evangelica ma anche a confermare un impegno per provare a portare risposte concrete.
Bisogna sicuramente cominciare che la provocazione che presentare una proposta di legge: sarebbe già è un modo per iniziare.
Sicuramente, in questi anni, è mancata una mobilitazione dal basso a spingere: finché non si avvia e cresce un dibattito su questo tema, penso che sarà difficile ottenere risultati, anche perché troppo spesso i temi religiosi si affrontano nel momento in cui ci sono fenomeni migratori e in cui si pone la questione islamica. Questo porta ad affrontare la questione in un modo totalmente sbagliato, quasi come se si affrontasse un fenomeno legato a questioni diverse dalla fede e dalla religione.
È giusto il lavoro che le Comunità Evangeliche fanno per portare a casa risultati concreti, costruire le proprie chiese, garantire quel minimo di sostegno che il pubblico deve dare.
Forse un aiuto potrebbe arrivare dal capire come agire insieme ad altri, perché non penso che la situazione in cui si trovano gli evangelici sia diversa da quella in cui si trovano altri culti. Credo, quindi, che provare a far partire dal basso e costruire dal basso un’aggregazione e una capacità di esprimere la volontà di cambiare le cose possa essere una strada da seguire anche se capisco bene che il primo passo deve essere quello di coinvolgere le stesse Comunità Evangeliche e questo è un percorso che va costruito.