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Gli emendamenti della maggioranza al Decreto Rave peggiorano la normativa sull'ergastolo ostativo

La normativa sull’ergastolo ostativo contenuta nel cosiddetto Decreto “rave” è stata certamente peggiorata dagli emendamenti della maggioranza approvati in Commissione Giustizia.
Il testo, che riprendeva quello approvato alla Camera la scorsa Legislatura senza voti contrari, è stato modificato rendendo da una parte più difficile l’applicazione della norma e dall’altro introducendo un allentamento del contrasto ai reati contro la Pubblica Amministrazione.

In concreto, l’aver abolito la norma che prevedeva fosse il tribunale di sorveglianza in una sede collegiale a decidere, almeno in prima istanza, sulla concessione dei benefici ai mafiosi mette i magistrati di sorveglianze nella condizione di essere più esposti a minacce e ritorsioni.
Un conto è evitare l’ingorgo dei tribunali di sorveglianza prevedendo che dopo la prima valutazione collegiale siano i singoli magistrati a pronunciarsi sulle successive richieste, altro è lasciare solo il magistrato che deve pronunciarsi sulla possibilità o meno per i condannati per mafia e terrorismo di godere dei benefici.
Ma la modifica più grave e politicamente rilevante è quella che esclude dai reati ostativi quelli corruttivi.
Non abbiamo mai condiviso la scelta di ampliare a dismisura il catalogo dei reati ostativi, ma è evidente che togliere anche l’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione significa dare un messaggio, l’ennesimo dopo l’aumento dei contanti, di arretramento nella lotta ai reati corruttivi.
Resta ostativo il reato associativo per molti reati ma non per i reati contro la PA.
Insomma resta, quella della maggioranza, una interpretazione a senso unico del garantismo: attenta quando si parla di corruzione o concussione, meno per altri reati, determinata a restringere le intercettazioni per i colletti bianchi tranne poi introdurle per gli organizzatori dei rave.

 

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