La povertà energetica delle case popolari di Milano
Intervento al convegno organizzato dalla CGIL - Milano (video).
Credo che nei prossimi mesi, con i dati un po’ più stabilizzati, sarà utile fare una riflessione approfondita sul superbonus del 110%, la sua utilità e i risultati ottenuti; tenendo conto che è stata una misura volutamente anticiclica, fatta dopo il covid, con l’obiettivo di far ripartire in tempi rapidissimi un pezzo dell’economia italiana e, in particolare un settore molto importante, come quello dell’edilizia, che è stato bloccato dalla pandemia.
Come misura anticiclica, a mio avviso, il superbonus del 110% non è una misura che possiamo pensare di prorogare all’infinito e credo che il Governo faccia bene a dire che si chiude qui quell’esperienza, mentre non credo che si chiuda per altri bonus e incentivi.
Credo che il superbonus del 110% si ponesse degli obiettivi utili, importanti e che non vanno dispersi.
C’era il tema di come far ripartire e anche ammodernare un settore economico come quello dell’edilizia.
Si diceva che si erano formate aziende dequalificate pur di accedere ai finanziamenti del superbonus del 110%. In realtà, il fatto che il superbonus comporti un aumento delle categorie energetiche, il rafforzamento dell’utilizzo delle energie rinnovabili e una serie di altri strumenti innovativi, avrebbe dovuto spingere in un’altra direzione, cioè il favorire le aziende a più alto contenuto di innovazione.
Sicuramente, però, il superbonus del 110% è una misura che pone un obiettivo chiaro: ridurre i consumi energetici nelle abitazioni e, quindi, efficientare gli edifici dal punto di vista energetico, ridurre l’inquinamento e ridurre i costi dell’energia all’interno delle abitazioni.
Questi obiettivi li abbiamo ancora tutti di fronte a noi.
Dovremo trovare altri strumenti ma questi obiettivi non vanno dispersi.
Al di là di questi obiettivi, il tema dell’efficientamento energetico delle case popolari è centrale, a prescindere dall’aumento attuale delle bollette, per come conosco il patrimonio di edilizia residenziale pubblica, che è spesso fortemente degradato e sicuramente appartenente alle categorie energetiche bassissime.
I bollettini dell’affitto degli inquilini delle case popolari sono giustamente bassi ma vengono superati di gran lunga dai costi energetici. Le signore di San Siro, ad esempio, pagano 20 o 30 euro di affitto ma poi devono pagare 300 o 400 euro di spese per il riscaldamento.
È, quindi, urgente intervenire per un efficientamento energetico delle case popolari.
È giusto, dunque, che in questi anni abbiamo messo in campo diversi bonus energetici: non abbiamo iniziato ora con il superbonus ma già dalla scorsa Legislatura avevamo creato incentivi.
Utilizzare i bonus energia per le case popolari è sempre stata una necessità e, infatti, più volte sono stati prorogati proprio per questo, così come abbiamo fatto per il superbonus del 110%.
A questo si aggiunge il PNRR, che ci consente di finanziare progetti di interventi sulla sicurezza e sull’efficientamento energetico anche del patrimonio pubblico.
Dopo molti anni in cui abbiamo fatto queste discussioni - ricordo quando ero consigliere regionale - e ci trovavamo di fronte alle aziende che ci dicevano che non si poteva perché mancavano i soldi; oggi, invece, ci troviamo in una situazione in cui i soldi e le opportunità ci sono ma è evidente che c’è una difficoltà delle aziende, in particolare di ALER, a utilizzare questi soldi e fare in modo che producano almeno gli interventi di efficientamento energetico, se non è possibile il risanamento di interi quartieri.
Le ragioni di questa situazione sono tante. Una delle ragioni riguarda il fatto che ALER e un po’ meno MM non sanno far fronte a un tema come quello della progettazione - e lo hanno dimostrato già con i bonus precedenti - perché per usare i fondi bisogna progettare gli interventi.
A me convince meno la giustificazione che le aziende preferiscono lavorare con il privato piuttosto che con il pubblico.
Verifico la difficoltà ad utilizzare i soldi che pure ci sono già dai primi bonus.
Questo è il tema che mi sono posto quando sono stato invitato al convegno e mi è stato detto che sarebbe necessario chiedere un’altra proroga alla scadenza del superbonus del 110% per le case popolari.
Ne stiamo discutendo anche noi ma in questa discussione un tema ce lo dobbiamo porre: serve prorogare il superbonus se non cambiano le condizioni che oggi non consentono di utilizzare quei soldi?
Non è un tema solo milanese o lombardo: quando ho partecipato ad un convegno del SUNIA in Campania è emersa la stessa situazione.
Dopo molti anni in cui giustamente ci si è lamentati di una incapacità di fare investimenti per migliorare le condizioni di vita nelle case popolari, quando sono arrivati i soldi è stato chiaro che il sistema così com’è non è sufficiente.
Mi domando se, salvaguardando l’idea di destinare risorse anche ingenti all’efficientamento energetico e alla sicurezza delle case popolari, non possiamo pensare ad altri strumenti ad hoc.
Non penso ai contratti di quartiere, che pure qualche risultato l’hanno ottenuto, ma forse dobbiamo pensare a finanziamenti con step rigidi, una responsabilizzazione forte dei gestori e delle proprietà; anche penalizzazioni per chi non fa perché altrimenti ho l’impressione che continuiamo a girarci intorno.
C’è un tema di funzionamento delle aziende.
Abbiamo prorogato il superbonus del 110% per tutta l’edilizia sociale, non solo le case popolari ma anche la cooperazione a proprietà indivisa e no-profit e lì in tutta Milano si sono messi in campo moltissimi interventi.
C’è il problema di come si strutturano le aziende per fare queste cose.
Non so se le aziende che gestiscono una parte importante del patrimonio pubblico del Paese hanno ancora come finalità quella di soddisfare i bisogni dei cittadini e non a quella di far quadrare i conti.
Se pensiamo ai bisogni dei cittadini, tutte quelle aziende vanno responsabilizzate e costrette a fare ciò che devono per i cittadini che rappresentano, a fronte di condizioni economiche che vanno create.