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Stipendi troppo bassi: tagliare subito le tasse sul lavoro per lasciare più soldi in busta paga

Articolo pubblicato sul mensile Zona Nove di luglio.

L’aggressione russa all’Ucraina sta producendo effetti sull’economia e sulla vita dell’intero Pianeta.
Il blocco delle esportazioni di grano rischia di privare la parte più povera del mondo di un alimento essenziale ed insostituibile ed ha già provocato un significativo aumento dei prezzi.
Allo stesso modo le giuste sanzioni alla Russia, stanno producendo una crisi energetica che ci impone di trovare altre fonti per sostituire il gas ed il petrolio che si importava da Mosca.

L’aumento dei costi energetici e alimentari stanno aumentando l’inflazione ed i prezzi di tanti beni essenziali.
In questa situazione la priorità per Governo e politica deve essere quella di evitare che tutto ciò ricada sulle famiglie, in particolare quelle più deboli, finendo con l’aumentare la povertà nel Paese ed allargare le diseguaglianze.
Il Parlamento in questi giorni sta intervenendo per aiutare a ridurre l’aumento delle bollette e dei carburanti, aiutando anche economicamente lavoratori e pensionati, ma non basta.
Questa nuova crisi sta facendo emergere con grande evidenza l’esistenza, nel nostro Paese, di una drammatica questione salariale.
In Italia gli stipendi sono bassi, molto più bassi rispetto a Paesi europei come il nostro, con la stessa tassazione e la stessa produttività, da troppi anni i salari non aumentano e il fenomeno della povertà salariale è paradossale: il 22% del reddito di cittadinanza serve ad integrare i redditi di chi ha un lavoro che però fa guadagnare meno del livello che il reddito di cittadinanza deve garantire.
Se non si affronta questo problema in modo deciso rischiamo di moltiplicare misure tampone emergenziali senza mai risolvere il problema.
Il primo provvedimento da prendere è quello di tagliare in modo consistente le tasse sul lavoro per lasciare più soldi in busta paga, fronteggiare l’inflazione e aumentare il potere d’acquisto.
Occorre farlo subito, con la nuova legge finanziaria, occorre investire tutto ciò che è possibile con l’obbiettivo, almeno, di garantire ai lavoratori almeno l’equivalente di una intera mensilità in più. In secondo luogo occorre chiudere i contratti, in particolare quelli scaduti, riconoscendo la necessità di aumentare i salari e, ancora, serve una legge sul salario minimo.
Non è accettabile che ci siano lavori non garantiti dai contratti nazionali pagati 3 o 4 euro all’ora perché la competizione si svolge riducendo il costo del lavoro sempre di più e quindi sulla pelle di chi fatica.
Quindi, priorità all’aumento dei salari e all’adeguamento delle pensioni all’incremento dell’inflazione ma non solo.
La siccità che stiamo registrando in questi giorni, insieme a fenomeni evidenti, dal distacco di un costone dalla Marmolada, alla riduzione dei ghiacciai fino al passaggio in 10 anni da poche decine ad oltre un migliaio dei fenomeni metereologici violenti, ci dimostrano quali sono gli effetti dei mutamenti climatici prodotti dalle emissioni in atmosfera e dall’inquinamento.
Per questo sarebbe assurdo se rispondessimo alla crisi energetica abbandonando la transizione verso le energie rinnovabili e tornassimo indietro, all’uso del carbone, alle nuove trivellazioni in Adriatico o abbandonassimo il percorso per superare i motori alimentati con combustibili fossili.
Semmai dobbiamo oggi trovare fornitori di gas che ci aiutino a superare la dipendenza energetica da Mosca ma, al tempo stesso, accelerare, il più possibile il ricorso all’energie pulite e rinnovabili.


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