Il Salva Milano e le tre sfide che ha davanti la città

Articolo pubblicato da Affaritaliani.

Una recente ricerca sulla qualità della vita nelle città italiane ha collocato Milano al primo posto, certificando la tenuta economica e sociale, l’impegno per la sostenibilità ambientale e la capacità di attrazione dell’area metropolitana milanese.
È un risultato importante che, lungi dal farci dire che tutto va bene, riconosce come positive le politiche sul trasporto pubblico e l’ambiente e la capacità della amministrazione a mantenere l’efficacia e la dimensione dei servizi, a partire da quelli sociali, nonostante in questi anni le difficili condizioni in cui - tra tagli e crisi - si trovano ad operare i Comuni.

Questo risultato fa giustizia di due narrazioni negative che vengono diffuse dalle opposizioni e da alcuni media.
La prima è quella che vorrebbe Milano come una realtà in crisi, ripiegata, in cui la qualità della vita sarebbe peggiorata, in cui prevarrebbe la paura e in cui i cittadini sarebbero vessati dalle politiche di contenimento del traffico privato.
L’altra è quella che racconta Milano come una realtà condizionata dalla speculazione edilizia.
Certamente la città si è trasformata in questi anni, le grandi aree dismesse e degradate (erano quasi il 40%) sono diventate non solo e non soprattutto residenze ma sedi universitarie, funzioni pubbliche, servizi di prossimità, opportunità di lavoro, con attenzione al verde e all’ambiente.
Tutto ciò sarebbe incompatibile con la speculazione selvaggia.
Anche il recente intervento legislativo che è stato definito “Salva Milano” non ha nulla a che vedere con la speculazione. Si tratta, infatti, di una norma che chiarisce semplicemente che, quando si interviene sul costruito (ristrutturandolo o sostituendolo), non sono obbligatori i piani particolareggiati.
Molte città in questi anni hanno operato in questo modo per semplificare e incentivare gli interventi sull’esistente, combattendo il degrado, evitando nuovo consumo di suolo e modernizzando il patrimonio edilizio.
È chiaro che tutto ciò non ha nulla a che vedere con speculazioni e cementificazione.
Quindi va tutto bene e ci si può sedere sugli allori? Certamente no.
Guardando al futuro, il primo grande problema della metropoli milanese è il rischio di espellere dalla città le famiglie con un reddito medio da lavoro dipendente a causa dei costi sempre più alti dell’abitare.
Questa è una delle sfide più importanti da affrontare e la scelta di mettere a disposizione aree comunali e risorse per creare 10mila alloggi a canoni accessibili per chi guadagna tra i 1.200 e i 1.500 euro al mese, insieme a quella di recuperare gli alloggi vuoti nelle case popolari (sistemandoli) vanno nella direzione giusta.
La seconda sfida è quella di approvare, dopo una discussione partecipata, il nuovo PGT investendo su funzioni pubbliche, servizi di prossimità e verde urbano.
Infine, se serve innovare di fronte ai cambiamenti, ciò che va confermata e rafforzata è la scelta di mettere tutte le risorse che l’attrattività economica e la competitività di Milano producono per rafforzare servizi e assistenza e ridurre le diseguaglianze.

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