Il paradosso del Ministero dei Trasporti, contro la transizione ecologica della mobilità
Articolo pubblicato da Green Report e La Nuova Ferrara.
In queste settimane, complice l’imminente campagna elettorale, si stanno moltiplicando le polemiche sulle misure assunte da diversi grandi comuni in materia di mobilità.
Sono discussioni che, separate dalle ragioni e dagli obbiettivi che stanno alla base di quei provvedimenti, hanno poco senso.
C’è una visione ed una idea di città e di futuro che motiva le misure che si propongono di incentivare il trasporto pubblico locale riducendo l’uso del mezzo privato.
Nulla di ideologico, come si tenta di far credere ma risposte concrete a esigenze oggettive che impongono un cambiamento non sempre indolore.
Disincentivare l’uso dell’auto in città e promuovere l’uso dei mezzi pubblici e della bicicletta non serve solo a contribuire a ridurre l’inquinamento ma anche a migliorare la qualità della vita delle persone riducendo i tempi per gli spostamenti e il traffico.
Da una parte serve investire sul trasporto pubblico, così come si è fatto a Milano con le cinque linee metropolitane, favorirne l’uso, rendendo accessibili abbonamenti a costi contenuti e, dall’altra parte, moltiplicare le zone pedonalizzate nelle città e le zone a traffico limitato per ridurre l’uso dell’auto ma anche recuperare intere zone nelle aree urbane per metterle a disposizione dei pedoni, rendendo la città più fruibile e vivibile per tutti.
C’è un altro tema che non deve essere ignorato ed è quello della sicurezza per tutti.
Il limite di 30 chilometri orari, almeno nelle zone più critiche come quelle vicino alle scuole, è una misura utile e intelligente proprio per la sicurezza.
Allo stesso modo, estendere la rete delle piste ciclabili e proteggerle il più possibile può contribuire a consentire l’utilizzo in tranquillità delle due ruote.
Quindi muoversi nelle città senza inquinare, in sicurezza e recuperando la qualità di una convivenza non assediata dalle auto, sono obbiettivi non di parte, direi di buon senso, che in tutta Europa si stanno perseguendo.
È chiaro che le misure di cui si parla hanno comportato e comportano dei cambiamenti che intervengono su abitudini consolidate.
Per questo, nonostante sia palese la necessità di quelle misure, ci sono parti politiche che preferiscono cavalcare le spinte conservatrici per lucrare qualche voto piuttosto che assumersi la responsabilità di contribuire a fare la cosa giusta.
Il paradosso italiano è che la scelta di inseguire e sobillare la resistenza al cambiamento la fa il Ministro che dei temi della mobilità dovrebbe occuparsi, Matteo Salvini. Anziché promuovere investimenti sul trasporto pubblico locale, si tagliano i fondi e ci si occupa di rendere più difficile per i Comuni ridurre i limiti di velocità e ci si dimentica di intervenire per rendere obbligatori i sensori che, istallati sui camion, possono evitare tragedie e che il tar ha detto che non può essere un Comune a imporli ma serve un intervento governativo che ancora non c’è.
Insomma scegliere la strada, come fa Salvini, di contrastare gli interventi innovativi per lucrare qualche voto dalla fisiologica paura dei cambiamenti rischia di lasciare tutto com’è senza affrontare né l’inquinamento, né la sicurezza e senza migliorare la vivibilità delle città.
D’altra parte anche queste vicende dimostrano come, anche su una tematica decisiva come la transizione ambientale, si conferma il confronto tra una destra che si limita a gestire il presente e una sinistra che guarda al futuro.